| La nostra storia |

L’importanza di un lavoro “umano” fatto con le mani, pensato con la mente, realizzato con il cuore.

‘60

I Rilegatori della famiglia Eliseo erano già operativi a Napoli nella seconda metà dell’800. A testimonianza, lo storico Vittorio Gleijeses nel suo libro “Piazza del Gesù Nuovo in Napoli” descrivendo il cinquecentesco Palazzo Morisani, così scrive: “Esiste in questo palazzo un’antica legatoria, quella di Michele Eliseo, la cui attività – artistica nel suo genere – fu iniziata dal padre Michele senior, sin dal 1888.”

Negli anni sessanta oltre al laboratorio in via Calata Maggiore all’angolo di piazza del Gesù, la famiglia Eliseo gestiva anche una piccola cartoleria in via Cavallerizza a Chiaia, dove venivano consegnati, e poi ritirati, i libri che i clienti portavano a rilegare.

Oggi la Cartoleria Eliseo è ancora lì, gestita dagli eredi del Maestro.

Lettera del Maestro Eliseo all’inizio del 900: una richiesta di attenzione per un’arte difficile e a rischio già da allora.
Don Salvatore Tramontano, il Maestro Michele Eliseo con il figlio Cesare, donn’Emilia Iuliano, un giovane lavorante e don Raffaele Mango negli anni Sessanta.
La bottega all’inizio degli anni ’80.
Al centro Michele Eliseo – Dietro da sinistra: Luigi Perez De Vera, Roberta Pasquini, donn’Emilia, Giovanni Bizzarro, Raffaele Mango, Valentina, Annalisa Mignogna.
Annalisa Mignogna… apprendista.
Maurizio Recano, che in quegli anni ci fece il regalo di fotografare la Legatoria ed inserire nel suo bel volume “Napoletani” il maestro Eliseo.
Eduardo Di Castri e Roberta Pasquini Taglialatela.

‘80

All’inizio degli anni Ottanta, quando per la prima volta intravidi la Legatoria Eliseo da dietro i vetri chiusi e polverosi, mi convinsi definitivamente a trasferire lì il piccolo laboratorio che avevo in casa, per iniziare una nuova avventura tra quelle mura antiche che odoravano di libri e di muffa.

In quella legatoria di Calata Trinità Maggiore, all’angolo di piazza del Gesù, il maestro Michele Eliseo, ormai ultraottantenne, portava avanti con sempre maggiori difficoltà un’attività di famiglia più che centenaria: i suoi figli avevano scelto altre strade e lui si preparava a chiudere quel luogo a cui aveva dedicato la vita.

Nella bottega con lui erano rimasti solo un altro bravo maestro rilegatore, don Raffaele Mango, e l’anziana signora Emilia che all’ora di pranzo fermava il suo lavoro di cucitrice per preparare, nella minuscola cucina nascosta dietro una tenda, meravigliose minestre e ottime paste e fagioli che profumavano l’aria mischiandola all’odore della carta e a quello della colla “di pesce”, che da mattina a sera bolliva a “bagnomaria” nel pentolone di rame al centro del grande tavolo da lavoro.

Fu così che con due amici, Eduardo Di Castri e Roberta Pasquini, decidemmo di sfidare il destino verso cui inevitabilmente stava andando quella che una volta era stata fucina di una fervente attività e facemmo nascere una società con cui immettervi nuove energie, nuove idee e soprattutto… nuova passione.

‘90

Eddy, Roberta, Luigi, Salvatore Tramontano, Charlotte, Carlotta Taglialatela, Carlo Agneta.
Don Raffaele, Luigi, Charlotte , Rosario, Giovanni, Carlo, don Salvatore.
Carlo, Giovanni, don Salvatore, Charlotte, Pina Mango, figlia di don Raffaele, Luigi.
Oreste Lanzetta fotografa la Legatoria Artigiana nel 2005.
Roberta Mercogliano, Gennaro D’Angelo, Luigi Perez De Vera, Giovanni Bizzarro, Pina Mango, Gianni Uliva, Annalisa Mignogna, Laura Salzano, Roberta Picardi.
Roberta.
Roberta Mercogliano, Gennaro D’Angelo, Luigi Perez De Vera, Giovanni Bizzarro, Pina Mango, Gianni Uliva, Annalisa Mignogna, Laura Salzano, Roberta Picardi.
Eddy.
Pina, Gianni, Roberta, Genny.
Laura.
Luigi e Giovanni.

2000

Da quegli inizi sono passati decenni: gli artigiani di allora non ci sono più, ma hanno avuto il tempo di trasmettere ai giovani allievi, che nel frattempo erano arrivati, tutta la sapienza della loro arte e le antiche tecniche.

Oggi i maestri sono tanti e tutti insieme, uniti in un’unica società, continuiamo quest’arte antica nel rispetto delle regole e della tradizione: il pentolone di rame bolle sempre al centro del tavolo, ma il nostro occhio è attento al futuro ed all’innovazione.

2011

Nel 2011 abbiamo deciso di trasferirci in via San Biagio dei Librai nell’antica Spaccanapoli, strada storica di case editrici, tipografie e librerie, tra cui quella del padre di Giambattista Vico, il grande filosofo, storico e giurista del ‘700, che qui abitò e iniziò i suoi studi.

Oggi la nostra Legatoria è nel bel cortile cinquecentesco di palazzo Marigliano, dove nel 1700 fu ordita una congiura dal principe di Macchia e dalla nobiltà napoletana contro il governo dei viceré spagnoli…e questo spirito rivoluzionario, non sopito nei secoli, ci piace pensare che ancora vi aleggi.

Il nostro trasloco… difficoltà.
Fatica e nostalgia…
Ed ecco l’arrivo a Palazzo Marigliano.
Tanto lavoro…
Ma in breve siamo pronti… il nostro armadio dei punzoni è di nuovo pieno… l’orologio ha ripreso a camminare.
E anche noi…
…e nei locali nuovi portiamo tutta la nostra voglia di continuare a far vivere quest’Arte antica ma per noi sempre nuova!

oggi

E sarà grazie alla famosa teoria del Vico su “Corsi e Ricorsi Storici” che in questi anni assistiamo ad una rinata attenzione agli antichi mestieri come alternativa ai  prodotti industriali e alla freddezza delle tecnologie. Ma ora che se ne sta riscoprendo il valore, ci si accorge che i maestri artigiani sono pochi e che è diventato essenziale tutelare  abilità ed esperienza di chi  coraggiosamente continua ad essere attivo.

In tal senso, quando scegliamo un prodotto artigianale ricordiamo che, oltre al piacere di acquistare un oggetto unico, stiamo contribuendo a trasmettere al futuro un patrimonio di conoscenze che è alla base della nostra civiltà.

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà… è già qui, è quello che formiamo stando insieme tutti i giorni. Due modi ci sono per non soffrirne: il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino a non vederlo più il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e riconoscere chi e cosa in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio.

Italo Calvino, Le Città invisibili